Il limbo motorio

Cosa si intende veramente quando si dice, citando gli antichi principi del Tai chi chuan, “dividere il pieno dal vuoto”, “l’inconsistente dal consistente”, o “guardarsi dall’errore del doppio peso”?

Si chiede di capire qual’è il limite, il punto di svolta, il cambio di volta, di qualsiasi attività motoria. Fino a dove posso spingermi, fino a dove mi consento di spingermi nel generare movimento? L’estremo non è in discussione, il coraggio e la sincerità verso se stessi molto di più.

Prendiamo la più semplice delle attività motorie, quella che dovrebbe essere la più naturale: il camminare.

Vi capita di osservare le persone che camminano? O di osservarvi mentre camminate? Camminiamo tutti ormai facendo altro: guardando a terra per evitare gli altri, guardando il telefono sempre per lo stesso motivo forse, o per un’assurda ansia di comunicare in fretta e a tutti i costi, parlando con altri, osservando altro.

L’intenzione chiara e determinata del bambino, che vuole con tutto se stesso arrivare alla meta, si è persa completamente. Lo sguardo, perennemente rivolto in basso, genera squilibri importanti che si ripercuotono in tutto il sistema motorio.

Si è persa la sensazione dei piedi, della pianta dei piedi, del movimento, che sempre si dovrebbe fare, trasferendo il peso dal tallone, alla parte centrale e poi alla punta del piede. La mobilità della caviglia, il passaggio del peso da una gamba all’altra, la giusta oscillazione dell’asse, non vengono più minimamente percepiti e si arriva, con il tempo, a camminare come dei monoblocchi con quattro inerti e rigide estremità ciondolanti. I piedi si trascinano come tavole, le gambe si irrigidiscono, la schiena si blocca. Nulla di più disarmonico e sgradevole.

La fretta dell’andare uccide il piacere, il fascino, la bellezza del camminare. Le preoccupazioni, l’essere sempre altrove rispetto a dove si è, ci rendono attaccabili, poco presenti, inconsapevoli di quello che ci succede intorno.

Il nostro camminare si è trasformato in un frenetico spostarsi da un punto all’altro senza alcuna consapevolezza, sempre distratti, sempre fuori da noi, inconsapevoli di dove siamo, dello spazio che occupiamo e che lasciamo agli altri.

Ora: qual’è la prima cosa che facciamo quando facciamo un passo? Spostiamo il peso da una gamba all’altra, creiamo quindi un’alternanza tra una gamba piena e una gamba vuota di peso, rendiamo consistente una gamba e inconsistente l’altra, usciamo dallo stato di doppio peso, di peso sulle due gambe, proprio dello stare fermi.

Sembrano considerazioni banali finché abbiamo la terra sotto i piedi, ma, immediatamente, la questione si complica se camminiamo su un muretto sopraelevato o su un sentiero stretto in montagna tra due strapiombi. In una situazione di allerta, cambia l’attenzione al camminare, emerge una delle paure più potenti, quella di cadere, e tutto il sistema psico motorio si attiva con ben altri livelli di attenzione.

Uscire dal “limbo” motorio, è uno dei più interessanti propositi del Tai Chi Chuan. Recuperare un’attenzione costante al nostro camminare, al nostro stare in piedi, allo spazio che occupiamo e che ci premettiamo di occupare, spesso senza il minimo rispetto di ciò che ci circonda, è l’inizio di un percorso di ricerca e consapevolezza interno.

Dove interno significa che il “dentro” si muove, si allena più che il fuori. Si concepisce il corpo “in volume”, composto di mille perle connesse e rotolanti che generano movimenti a spirale nei quali gli spostamenti rettilinei sono banditi .

E’ vitale esplorare, anche nel camminare, quanto coraggio abbiamo di sentire spostare i pesi in maniera vigile e consapevole, riempendo prima una gamba e poi l’altra in maniera sicura, cercando a ogni passo il contatto e lo scarico dell’energia a terra, ascoltando la risposta elastica che Madre terra ci dà, un’elasticità che risale nel corpo, lo permea e lo rende più flessibile e disponibile a un movimento sempre più connesso.

Superare il limbo del “non sono né qua né là” , del “sono sempre altrove” e del “non so mai dove sono.”

Essere pronti al movimento fulmineo sempre è un’ottimo punto di partenza per la difesa della vita. Con coraggio e presenza.