Tai chi chuan:”là dove lo stare dritti non conosce il sostenere”

Tai chi chuan: “là dove lo stare dritti non conosce il sostenere”.

C’è una ginnastica lenta, dolce, per la salute… e c’è il Tai chi chuan.

Il Tai chi chuan è ANCHE una ginnastica, a volte è lento, se praticato con costanza fa senz’altro bene, ma certamente non è solo questo.

Spesso le due cose vengono confuse, sovrapposte, per esigenze economiche o per ignoranza.

ll Tai chi chuan, se dovesse essere definito, cosa sempre molto limitante, è un’arte marziale interna. E non spaventi il termine marziale!

Se ARTE è anche “professione di antica tradizione svolta nell’osservanza di alcuni canoni codificati nel tempo”, il Tai chi chuan ha antichissime tradizioni (il taoismo) e regole precise, applicabili in ogni ambito, il che lo rende un potente veicolo di crescita .

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E’ un KUNG FU, nel senso letterale del termine, ovvero un’abilità, una professionalità, maturata nel tempo, con pazienza e lavoro costante.

E, se ARTE è anche espressione estetica dell’interiorità umana, ci saranno tante forme di Tai chi chuan quanti sono gli esseri umani che lo praticano.

E qui sta il punto: le regole, i canoni, devono essere assimilati senz’altro, ma poi trascesi dall’interpretazione del singolo, dalla sua interiorita’, altrimenti diventano prigione, costrizione, trappole mentali.

Mi è molto chiaro, dopo anni di studio, che chi pratica sul serio il Tai chi, comunica attraverso il suo movimento, o, se è anche un insegnante, attraverso il suo metodo, qualcosa che ha a che fare con tutto il suo essere, uomo o donna di quel preciso periodo storico, anche in ambito etico, morale, culturale, religioso. Dove religioso non sta per bigotto, ma per capace di riconoscere il sacro nella vita di tutti i giorni.

Per quello che mi è stato dato di vedere ogni Maestro degno di questo nome, giustamente interpreta, crea, incarna, veicola la sua arte compatibilmente con il contesto in cui vive e con la sua natura essenziale.

Con tutti i suoi pro e i suoi contro. Perché l’equilibrio può essere sempre e solo qualcosa a cui si tende.

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Per questo quando qualcuno mi dice: “Ma tu fai Tai chi, dovresti essere calma, imperturbabile, rilassata” sorrido. Praticare, esercitarsi non significa automaticamente essere. Non è cosa che si fa in un anno e neanche in dieci, non credo basti una vita.

E, forse, non è proprio cosa che si fa quanto piuttosto cosa a cui si tende: intuizione , sapore, profumo….

“L’artista continuamente vive la tensione tra il comunicare e lo stare nascosto”: un vero artista nell’ambito del Tai chi, sa rendere visibile l’elemento nascosto, ineffabile, impalpabile proprio di quest’arte, perché è proprio lì che avviene il miracolo.

La magia dello stare dritti senza sentire più il peso del “sostenere”, ha a che fare col tempo, con il metodo e la pazienza, con la sincerità. Non si tratta solo di postura, si parte da dentro, ecco perché è arte marziale interna.

La sincerità sta nel riconoscere i nostri pesi, riconoscere dove gravano, nel corpo, nel cuore e nella mente.

Essere consapevoli del nostro peso, non solo in chili. Consapevoli dello spazio che occupiamo veramente, rispetto a quello che vorremmo occupare e che non ci permettiamo di occupare. Consapevoli dello spazio che occupiamo troppo, quando, ogni tanto meglio sarebbe sparire.

Lo stare dritti di chi pratica il Tai chi ha a che fare con una leggerezza percepibile solo dopo aver sentito il peso: ha a che fare con un genere di connessione che si può instaurare solo dopo aver sperimentato quello che significa essere consapevoli della parcellizzazione.

La marzialità non dovrebbe spaventare in un mondo (qui ed ora in Italia dove vivo) le aggressioni a tutti i livelli sono molteplici, a cominciare proprio dalla più tenera età.

La marzialità è collegata sempre ad uno stato di necessità: da noi, qui adesso, le necessità trovano luoghi e contesti di espressione molto differenti da quelli di un cinese di secoli fa, ma sono ugualmente pressanti e problematiche.

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A Venezia si dice perentoriamente “Combatter !!!” quando si vuole tagliar corto, non trovar scuse e andare avanti: lo dicono soprattutto gli anziani che hanno meno tempo da perdere e più pratica di un certo tipo di combattimento chiamato vita.

Andare avanti perché la necessità non conosce e non permette indugi. Se hai fame, devi trovarti da mangiare, se non hai uno spazio te lo devi procurare, se hai voglia di dire una cosa dovrai trovare il modo e il tempo per farlo. Se non hai un lavoro dovrai trovarlo.

Essere marziali non significa essere gladiatori, non significa essere violenti, dovrebbe significare saper coltivare lo spirito, la corretta intenzione, l’ascolto, la flessibilità e la determinazione: con metodo e accoglienza, pazienza e determinazione e, soprattutto, secondo antiche regole piene della dignità e dell’intelligenza di esseri umani nuovi e disponibili allo scambio.